Di seguito a stralcio della risoluzione in oggetto viene confermata ulteriormente l'estensione dell'agevolazione "dell’imposta municipale propria (IMU), nel caso di comproprietà, da parte di più soggetti, alcuni dei quali privi della qualifica di coltivatore diretto (CD) o di imprenditore agricolo professionale (IAP), di un’area edificabile, sulla quale però persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale. In particolare, alla luce del combinato disposto dei commi 741 e 743 dell’art. 1 della legge 27 dicembre 2019, n. 160, nel quesito vengono sollevati alcuni dubbi interpretativi stante il tenore letterale del comma 743, dal quale potrebbe derivare che nel caso di specie la finzione giuridica di non edificabilità di cui al comma 741 varrebbe solo per il CD o lo IAP e non anche per il comproprietario che non riveste tale qualifica, per il quale l’IMU dovrebbe determinarsi in base al valore venale del terreno. In sostanza, quindi, il terreno verrebbe a considerarsi area edificabile solo per alcuni soggetti.
Al riguardo, si ritiene che questa impostazione non possa essere condivisa e che la finzione giuridica di cui alla lett. d) del comma 741 – che considera non fabbricabili i terreni posseduti e condotti dai CD o IAP di cui all'art. 1 del D. Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, comprese le società agricole di cui al comma 3 del medesimo art. 1, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura e all'allevamento di animali – continua a trovare applicazione, anche alla luce del comma 743, non solo per i soggetti che rivestono la qualifica di CD o di IAP ma anche per tutti gli altri contitolari.
In merito, infatti, è bene osservare che è possibile pervenire a tale conclusione sulla scorta sia di quanto a suo tempo illustrato nella circolare n. 3/DF del 18 maggio 2012 sia dell’indirizzo, ormai ampiamente consolidato, della giurisprudenza di legittimità, (si veda la sentenza n. 15566 del 30 giugno 2010 nonché, tra le tante, le ordinanze n. 16796 del 2017, n. 17337 del 2018 e n. 23591 del 2019), secondo il quale «nell’ipotesi in cui il terreno posseduto da due soggetti ma è condotto da uno solo, che abbia comunque i requisiti sopra individuati, l’agevolazione in discorso si applica a tutti i comproprietari. Tale assunto si ricava dalla giurisprudenza costante della Corte di Cassazione (si veda fra tutte la sentenza n. 15566 del 30 giugno 2010), la quale ha statuito che “ricorrendo tali presupposti, il terreno soggiace all’imposta in relazione al suo valore catastale, dovendosi prescindere dalla sua obiettiva potenzialità edilizia. La considerazione, in questi casi, dell'area come terreno agricolo ha quindi carattere oggettivo e, come tale, si estende a ciascuno dei contitolari dei diritti dominicali. Ciò in quanto la persistenza della destinazione del fondo a scopo agricolo integra una situazione incompatibile con la possibilità del suo sfruttamento edilizio e tale incompatibilità, avendo carattere oggettivo, vale sia per il comproprietario coltivatore diretto che per gli altri comunisti”».
[...] come chiarito sempre dai Giudici di Legittimità nelle pronunce sopra richiamate, è “Evidente … la relatività a cui condurrebbe la conclusione criticata, che, in caso di comunione, porterebbe a qualificare un medesimo bene nello stesso tempo come edificabile ovvero come agricolo a seconda della qualità soggettiva dei contribuenti". I Giudici aggiungono altresì che nel caso di specie, “lo svolgimento di attività agricola, che è incompatibile con la possibilità di sfruttamento edificatorio dell'area, si riflette anche a favore degli altri comproprietari, i quali, ai sensi dell'art. 1102 cod. civ., non possono alterare la destinazione del fondo che è finalizzata all'esercizio dell'attività agricola da parte di un coltivatore diretto dimodoché, gli stessi, si trovano in una situazione d'impossibilità di sfruttamento edificatorio dell'area”."
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